Le bombe di Roma

Il 12 dicembre 1969, mentre a Milano si consumava la strage di piazza Fontana, tre bombe scossero la Capitale. Tre ordigni piazzati sull’Altare della Patria e all’interno della Banca Nazionale del Lavoro di via Veneto scoppiarono nelle stesse ore seminando il panico nel centro di Roma. Stesso tipo di esplosivo, stesse dinamiche, stessa vana ricerca degli autori materiali: solo per circostanze fortuite non ci furono vittime, ma gli attentati romani furono altrettanto significativi in quella che fu la strategia delle stragi di Stato. Significativi, ma finora poco conosciuti e studiati. 

Ecco allora il libro "Le bombe di Roma", edito da Castelvecchi: il primo ad accendere una luce sugli attentati del '69 nella Capitale. Il libro parte dalla storia di un personaggio alquanto particolare, il tedesco Udo Lemke, che la mattina del 13 dicembre 1969 si presentò in caserma dichiarando di aver visto gli attentatori in azione all'Altare della Patria e di averli riconosciuti. Attraverso la sua complicata e mai chiarita vicenda viene raccontata l'inchiesta e il processo che si è concluso con un nulla di fatto: i responsabili non sono mai stati individuati, mentre persone innocenti hanno trascorso in carcere diversi anni della loro vita pur non avendo fatto niente.

La storia di Lemke si intreccia con quella di un'artista islandese, una femminista anarchica, Roska Oskardottir, che si mise sulle sue tracce per farlo testimoniare al processo su Piazza Fontana. Cosa che le riuscì, ma non fu sufficiente. Udo Lemke nell'agosto 1972 venne condannato per calunnia e rispedito in Germania dove si sono perse le sue tracce. Ma la ricerca continua: sul blog “Le bombe di Roma” si continuano a raccogliere testimonianze, segnalazioni, documenti su questo personaggio che, seppur minore, o marginale, rispetto all’intrigata vicenda del 12 dicembre 1969, può offrire spunti di riflessione sul modus operandi di chi ha orchestrato il tutto.

«Per uno storico come il sottoscritto la scelta di raccontare la storia come un "romanzo" lascia sempre quantomeno perplessi. È stata una delle prime cose che ho scritto a Nicoletta», scrive Marco Capoccetti Boccia nella prefazione. «Ma è verissima la risposta che lei mi ha dato: il suo lavoro rende accessibile a tutte e tutti, anche a chi ha poca dimestichezza con atti, verbali e veline, la vicenda senza la freddezza e a volte la noiosità di molti lavori storiografici. Ogni episodio, però, che ha in parte romanzato, ha delle solide basi testimoniali ampiamente inserite nei documenti in pdf.
Nicoletta mi scrisse tempo fa, in risposta alle mie a volte pedanti annotazioni critiche: «Io non sono una storica, sono piuttosto una divulgatrice di storie».
Una frase che mi è piaciuta subito e che ho imparato ad apprezzare ogni giorno di lettura e rilettura del suo lavoro. Appunto per questo, per soddisfare le legittime richieste di spiegazioni di chi invece vuole andare più in profondità ha creato il blog dove saranno pubblicati tutti i documenti: dai verbali degli interrogatori, alle veline, agli articoli di giornale che attestano tutto ciò che l'autrice ha raccontato. Non solo. Il blog servirà per ampliare la storia, per raccogliere testimonianze e altri elementi che spero possano accrescere e gettare luce su questa vicenda ancora oscura».